VINITALY 2025

Vinitaly 2025: Il vino italiano si guarda allo specchio

Apr 10, 2025Claudia Cenci

Verona, 10 aprile. Si sono spenti i riflettori su Vinitaly 2025, ma l’eco — come ogni anno — rimbalza tra cantine, buyer e chi vive il vino con più cuore che strategia.
E quest’anno, più che tendenze da vetrina, si è parlato di qualcosa di più profondo: identità.

Perché il vino italiano, oggi, ha smesso di imitare. E ha iniziato a riflettere su se stesso.

I numeri ci sono, ma con il fiato un po’ più sospeso rispetto al passato. Gli espositori erano oltre 4.400, i Paesi rappresentati 33, le presenze sfiorano le 97.000. Ma più che la folla, quest’anno si è notata la qualità dei visitatori: meno selfie, più domande. Più assaggi veri. Buyer più selettivi, soprattutto esteri. Gli americani sono tornati, gli asiatici si muovono con più cautela. Chi vende davvero? Chi ha una storia, chi ha coerenza, chi non ha bisogno di effetti speciali per farsi notare.

Tra i corridoi si è sentita forte una parola: verticalità. Un termine che può suonare abusato, ma che, tra i calici, ha preso corpo nei vini più chiari, affilati, netti. Vini che parlano il linguaggio della vigna, non del marketing. Poi c’era l’etica, che non è più una dichiarazione sulla brochure, ma un’attitudine concreta: chi è trasparente vince. Chi rispetta, convince.

Il territorio è tornato al centro, ma non bastano più i nomi altisonanti. “Etna”, “Langhe” o “Toscana” da sole non funzionano più. Serve coerenza tra luogo, bottiglia e racconto. I rosati e i bianchi, spesso sottovalutati, si sono presi la scena: non più leggeri da piscina, ma gastronomici, strutturati, sorprendenti. Il vino naturale ha fatto un passo avanti: meno ideologia, più precisione. È finito il tempo degli estremi torbidi — ora si premia chi sa essere artigianale e pulito.

E poi, tra gli stand, si ascoltano le frasi che contano più dei comunicati. Si dice che il Prosecco vende ancora, ma non è più intoccabile. Che il Pinot Nero è il vitigno dei coraggiosi. Che le aziende familiari tengono duro, mentre i grandi gruppi si muovono in silenzio. Che chi non ha costruito un export solido ora vacilla. E che lo storytelling è morto, ma lo storydoing è appena cominciato.

Vinitaly 2025 ha mostrato un mondo del vino meno narcisista e più consapevole. Un settore che si interroga, si misura, si adatta. Non è stato un anno di fuochi d’artificio: è stato l’anno della maturità. Il vino italiano si è guardato allo specchio, forse con un filo di stanchezza, ma anche con la voglia chiara di non tornare indietro.

Il futuro? È fatto di verità, di misura, di persone che hanno smesso di voler piacere a tutti.
E che hanno deciso di piacere solo a chi capisce davvero.

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